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A Biella la compagine nazionalista crebbe con lentezza, stretta nei confini di un piccolo territorio manifatturiero, il cuore socialista della “provincia rossa” novarese, che vantava tra i più elevati tassi di concentrazione operaia d’Italia. All’indomani della Grande guerra, con l’industria tessile arricchitasi grazie agli enormi guadagni prodotti dal conflitto, ma di fronte a una società in subbuglio, le amministrazioni locali stentarono a trovare una governance efficace, con conflitti fuori e dentro la sfera politica, nelle istituzioni e nei gangli fra Stato e interessi privati. Fu una stagione di lotte, scioperi, tumulti annonari, occupazioni di fabbriche, rivoluzioni tentate o solo sognate, durante la quale, episodio al principio minore, perso fra esperimenti e pressioni di camarille di vario colore, attecchirono i primi semi del fascismo. Il saggio analizza la genesi e lo sviluppo di questo movimento, dai suoi esordi fino all’esplodere di uno squadrismo peculiarmente meno cruento che altrove, tra la marcia su Roma e la conquista del potere locale, sullo sfondo dei rapporti non sempre lineari col ceto industriale e della repentina débâcle di una cultura a prima vista insradicabile come quella operaista.