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Presentando, nel 1973, la silloge di racconti "Il mare colore del vino", Leonardo Sciascia ne rivendicava, oltre che la necessitŕ, la profonda coesione interna. Una coesione, possiamo oggi precisare, ottenuta a prezzo di esclusioni molto piů drastiche e dolorose di quanto Sciascia non lasciasse trapelare. Basterŕ leggere in questo volume, tra i quindici racconti lasciati allora cadere, la storia di Calcedonio Fiumara ("Il lascito"), che, trasformatosi da zolfataro in ricco e rapace possidente, vive solo come un cane, senz'altro amore se non quello per la sua pura e intoccabile ricchezza: e finirŕ per lasciarla, anziché ai detestati nipoti, a un manicomio, dove nessuno potrŕ trarne godimento o sollievo. O "Una commedia siciliana", che dietro una vicenda in apparenza rocambolesca e a lieto fine, lascia trasparire la faccia terribile e cupa di un paese "circonfuso di limoni e mare". A completare il panorama della produzione dispersa di Sciascia, il lettore troverŕ qui un nucleo di mirabili prose e "cronachette": come "I tedeschi in Sicilia", dove č ricostruito l'eccidio che nell'agosto del 1943 un reparto tedesco in ritirata compě a Castiglione di Sicilia: eccidio rimasto impunito, giacché in Italia "quel che accade in Sicilia č cosa d'altro pianeta".